Employer branding non è solo marketing aziendale, ma la traccia umana che lasciamo nelle persone che lavorano con noi.
Non stiamo assumendo risorse, ma persone
Quando assumiamo una persona in azienda, soprattutto se si tratta di un giovane uomo o di una giovane donna, dobbiamo ricordarci una verità semplice e disarmante:
non stiamo inserendo una commodity. Stiamo accogliendo una persona.
Non si tratta di un “junior”, né di un “profilo” o di un “asset”.
Parliamo di un essere umano che sta cercando il suo posto nel mondo.
E noi, nel nostro piccolo, possiamo decidere se essere una delle pietre su cui inciampa oppure una delle mani che lo aiutano a salire.
Cosa possiamo fare, ogni giorno
Abbiamo il dovere di ispirarlo. Possiamo aiutarlo a crescere.
Dobbiamo sostenerlo nelle difficoltà, permettergli di sbagliare, e, soprattutto, ascoltarlo davvero.
Prima o poi, magari, se ne andrà. Oppure resterà. In entrambi i casi, ciò che conta davvero è il ricordo che avrà di noi.
Quel ricordo non sarà fatto di budget, task completati o performance review. Sarà composto da sguardi, silenzi, attenzioni.
Da quella volta in cui lo abbiamo difeso o da quella in cui lo abbiamo ignorato.
Da quando gli abbiamo fatto sentire che era al posto giusto o, al contrario, lo abbiamo fatto sentire invisibile.
E sono proprio questi dettagli , piccoli, quotidiani, ma profondamente umani, a costruire ciò che resta. È da lì che nasce l’impronta che lasciamo nelle persone.
La vera costanza è l’umanità
Il lavoro cambia. I mercati cambiano. Le competenze si aggiornano. Eppure, ciò che non cambia è la traccia umana che lasciamo negli altri.
Forse è proprio da lì che bisognerebbe ripartire: dalla consapevolezza che il vero employer branding non è una campagna.
È una scelta quotidiana. Uno sguardo. Un posto sicuro in cui qualcuno, un giorno, ricorderà di essere stato visto.
Le nuove generazioni ci chiedono verità
Oggi, più che mai, sono le nuove generazioni a chiederlo con forza.
Non cercano solo un lavoro: cercano un senso.
Vogliono coerenza tra i valori dichiarati e quelli praticati.
Desiderano ambienti autentici, dove si possa crescere come professionisti senza smettere di essere persone.
Cercano ascolto, fiducia e possibilità reali di contribuire.
E scelgono di restare, o di andarsene, non per una clausola contrattuale, ma per come si sono sentiti guardati, accolti, riconosciuti.
Non stanno chiedendo di cambiare il mondo. Stanno chiedendo di essere visti davvero.
Ed è questa, in fondo, la più potente forma di leadership che possiamo esercitare.
“Le organizzazioni, di qualsiasi natura esse siano, valgono quanto valgono le persone che scelgono di valorizzare.”
G.La Vecchia
Fonti:
Deloitte – Global Human Capital Trends 2024
https://www2.deloitte.com/insights/us/en/focus/human-capital-trends.html
Gallup – State of the Global Workplace 2024 Report
https://www.gallup.com/workplace/349484/state-of-the-global-workplace.aspx
McKinsey & Company – The Great Attrition is Making Hiring Harder
https://www.mckinsey.com/capabilities/people-and-organizational-performance/our-insights/great-attrition-or-great-attraction-the-choice-is-yours
Simon Sinek – Leaders Eat Last
https://simonsinek.com/product/leaders-eat-last/
Harvard Business Review – The Key to Inclusive Leadership
https://hbr.org/2020/03/the-key-to-inclusive-leadership
Giustiniano La Vecchia – Ispiratori del Nuovo Millennio
https://www.amazon.it/dp/B0BSW2SY8V
Photo by: mina rad







