“Quando ho iniziato questo lavoro ho smesso di lavorare.”
Quante volte abbiamo sentito una frase così? Pochissime volte, anzi, spingiamoci pure a ammettere che non l’abbiamo mai sentita. Il lunedì è il giorno più odiato: quello che se inizi a pensarci dalla domenica, ti rovini il giorno di
festa.
La paura
La maggior parte delle persone rinuncia a un qualsiasi tipo di realizzazione professionale perché, semplicemente, una volta che ritiene di aver trovato un posto di lavoro in questo Paese, pensa di far bene a tenerselo stretto, qualsiasi siano le condizioni. Le persone hanno paura. Paura di perdere il lavoro. Di restare senza. Di non trovarlo mai. Di non
avere una sicurezza economica.
Essere soddisfatti e abbracciare il proprio lavoro con gioia non è semplice e non accade affatto di frequente. Sono fin troppe le persone infelici, che vivono il proprio lavoro con difficoltà, frustrazione. Lo vivono come una sorta di carcere a tempo. La paura le spinge ad accettare la situazione passivamente. Ben consapevoli che il tempo passato in posti di lavoro non gratificanti è tempo dedicato a far crescere gli affari di chi non solo non apprezza il lavoro altrui, ma soprattutto non rispetta l’individuo.
L’intelligenza emotiva
È incredibile come molte aziende e organizzazioni considerino ancora oggi le “umane risorse” (prima essere umani e poi risorse) come commodity (termine inglese che indica un bene per cui c’è domanda ma che è offerto senza differenze qualitative sul mercato), mortificandole con ruoli marginali, di secondo o addirittura terzo piano, per concentrarsi solo sui risultati economici. Questo NON è valorizzare le persone. La maggior parte delle imprese sono costruite su modelli di leadership autoritaria, rigida. Sono perciò obsolete e prive di Intelligenza Emotiva.
L’intelligenza emotiva è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni. Quando viene a mancare in azienda, i leader antepongono la produttività a valori come il benessere sistemico, la creatività, l’innovazione e la continua crescita delle persone. E quindi dell’organizzazione stessa. Un meccanismo che produce infelicità.
Il benessere dei lavoratori
Essere infelici del proprio lavoro, o peggio, del posto di lavoro, vuol dire in molti casi essere infelici anche nella vita privata, come individui. Alzarsi ogni mattina con l’angoscia di ritrovare le stesse dinamiche del giorno prima: stress, bassa motivazione, rabbia, delusione. Tutte emozioni che ci fanno entrare in un tunnel pericoloso, che andrebbe evitato. Ed è così che si ripropone il vecchio dilemma: vivere per lavorare o lavorare per vivere? Allora, cari manager e imprenditori, se volete vedere crescere la vostra azienda e voi, iniziate a far stare bene le persone sul posto di lavoro. Sono loro il vero valore della vostra organizzazione!
Se non lo fate, se non ci pensate adesso purtroppo ve ne accorgerete: sarà solo una questione di tempo, prima o poi ne pagherete i costi. E per chi non è soddisfatto del proprio lavoro, i miei suggerimenti sono 3:
1. Il problema probabilmente non risiede in voi, ma negli altri;
2. Guardatevi intorno, non è facile ma c’è sempre un’altra possibilità;
3. Non siete come vi fanno credere: siete molto meglio.
Namastè