“Ipocrisia: simulazione di virtù, di buoni sentimenti, di buone qualità e disposizioni, per guadagnarsi la simpatia o i favori di una o più persone, ingannandole”. È così che il dizionario definisce l’ipocrisia. Simulazione di buoni sentimenti al fine dell’inganno.
L’ipocrisia dissimula, camuffa le vere intenzioni delle persone. Ipocrisia è menzogna.
Nella nostra società attuale l’ipocrisia è istituzionalizzata, normalizzata. Mentre da piccoli ci viene insegnato il senso di giustizia, la necessità di non mentire, crescendo veniamo a patti con i nostri principi, iniziamo a mentire e, in fondo, accettiamo che gli altri lo facciano. E mentire una volta apre la strada per la menzogna costante.
Una volta che menti, menti sempre. Una volta che sei ipocrita, lo sei sempre.
Quando si ha a cuore e si sviluppa un progetto come quello di Villa Gaia, purtroppo, s’incontra l’ipocrisia degli altri in maniera frequente e dolorosa. Villa Gaia vuole essere un luogo dove le donne abusate possano avere la possibilità di cominciare una nuova vita, sostenute da psicologi e psicoterapeuti. Un luogo per confrontarsi con altre donne che si trovano nella medesima situazione, un luogo per imparare magari un nuovo mestiere.
Si tratta, dunque, di un progetto complesso e ambizioso che parte dalla Lombardia ma ha lo scopo di diffondersi in tutta Italia con tante altre Villa Gaia sparse per il territorio. A coprire, con un unico modello replicabile, necessità che riguardano tutto il paese.
Un progetto così, ovviamente, suscita l’approvazione generale. Come potrebbe essere altrimenti? Ma, grattando appena la superficie, appare subito evidente che si tratti di un’approvazione ipocrita. Un’approvazione limitata alle parole. Parole “di cortesia”. Perché quando si tratta di fare davvero qualcosa, di metterci impegno e la faccia, allora la bontà del progetto non è più sufficiente.
Allora, ipocritamente, molte persone trovano mille scuse per non fare, per paura di minare la propria apparente serenità, il proprio apparente equilibrio, il proprio EGO.
Quale che sia il reale motivo, improvvisamente aiutare gli altri non è più così importante.
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E questo atteggiamento appare dolorosamente evidente ora, dato che Villa Gaia è un progetto in essere, da concludersi. Ma sono altrettanto dolorosamente certo che, di fronte, a una Villa Gaia già attiva e funzionale le stesse persone non si farebbero, o non si faranno, alcuno scrupolo a salire sul carro del vincitore. Lo stesso carro che ora non vogliono aiutare a costruire.
L’ipocrisia è purtroppo anche una malattia sociale altamente contagiosa.
Si diffonde da una persona all’altra a macchia d’olio, perché è più facile non mettersi in gioco, perché è facile giustificare la propria vigliaccheria specchiandosi in quella degli altri.
Il comportamento ipocrita di qualcuno che ci sta accanto giustifica e stimola il nostro, così raccontiamo balle agli altri e anche a noi stessi, in una catena malata di dissimulazione.
L’ipocrisia finisce per colpire l’intera società, provocando diffidenza e insofferenza diffusa. Mentre, a prevalere tra di noi non dovrebbe essere l’ostilità, tutt’altro, ma il dono.
Come diceva l’antropologo francese Marcel Mauss, “Una parte considerevole della nostra morale e della nostra stessa vita staziona tuttora nell’atmosfera del dono, dell’obbligo e, insieme, della libertà. Non tutto, per fortuna, è ancora esclusivamente classificato in termini di acquisto e di vendita”.
Il dono è rito sociale che rafforza la socialità, l’ipocrisia la disgrega.
Namastè
photo bu. Kristina Flour