“Essere o non essere” non è soltanto una frase da incorniciare. È un abisso.
Non chiede se vivere o morire, ma se vivere davvero o limitarsi a sopravvivere.
Essere significa affrontare il peso della coscienza, la vertigine delle scelte, la responsabilità di guardare in faccia ciò che siamo.
Non essere, invece, è l’alternativa silenziosa: rinunciare a decidere, rimanere nel sonno dell’abitudine, lasciare che la vita scivoli via senza che ce ne accorgiamo.
Questa domanda non appartiene solo all’ Amleto di Shakespeare . È la domanda che ci coglie nelle notti di insonnia, quando i rumori del mondo si spengono e resta soltanto il brusio della nostra coscienza.
È il bivio che si apre ogni volta che possiamo scegliere tra il coraggio di cambiare e la comodità di restare fermi.
“Essere o non essere” non è questione di morte, ma di vita: scegliere se viverla da protagonisti o da comparse.
Una domanda che attraversa epoche e contesti
La citazione di Shakespeare è conosciuta da tutti, ma raramente ci si ferma a coglierne il significato profondo. Non è solo un’alternativa tra vita e morte, ma un interrogativo che attraversa ogni epoca: decidere se vivere pienamente o lasciarsi trascinare dalla corrente dell’ego, della paura e dello status quo.
Nel mondo del lavoro e delle organizzazioni, questa domanda diventa ancora più urgente.
Essere significa uscire dall’automatismo, assumersi la responsabilità di ispirare , avere il coraggio di innovare e creare contesti in cui le persone possano crescere.
Non essere, invece, vuol dire rimanere ancorati allo status quo, ripetere schemi consumati, rifugiarsi nella sicurezza dell’abitudine anche quando non produce più valore.
Essere come responsabilità verso le nuove generazioni
C’è però una dimensione ancora più alta: essere significa ispirare chi ci sta vicino, soprattutto i giovani.
Le nuove generazioni non cercano slogan vuoti. Cercano autenticità, resilienza, coerenza. Vogliono adulti capaci di mostrare con i fatti che è possibile scegliere, cadere, rialzarsi e ricostruire ogni giorno un nuovo senso.
Essere è quindi una responsabilità che non finisce mai. È un atto quotidiano che si rinnova ogni volta che prendiamo parola, guidiamo un team, accompagniamo un collega o decidiamo di ascoltare davvero.
La nostra domanda quotidiana
Il dilemma che Amleto pose secoli fa rimane ancora la nostra domanda:
oggi, in quello che facciamo, stiamo davvero scegliendo di essere?







