Se credete di aver capito la teoria dei quanti, vuol dire che non l’avete capita
Credo che la citazione dello scienziato statunitense e premio Nobel per la fisica Richard Feynman sia perfetta anche per chi crede di saper scoprire un talento.
Se ‘credi’ di aver capito, il più delle volte vuol dire che non hai capito nulla.
Come si riconosce un talento?
Uno dei più grandi errori che educatori, allenatori e manager commettono è quello di non saper riconoscere il talento e la sua unicità.
Il talento che è dentro ognuno di noi è unico e quell’unicità rappresenta l’essenza della persona.
Allora, date queste premesse, cosa impedisce a un adulto, che dovrebbe essere titolato e avere le competenze per farlo, di individuare e liberare il talento?
Nella quotidianità, quando siamo di fronte a un individuo molto giovane, ci limitiamo a osservare solo in parte, e con tanta superficialità e presunzione, le sue qualità.
Analizziamo i dati ‘oggettivi’: gli obiettivi raggiunti fino a quel momento, la sua velocità di apprendimento, se ricorda a memoria le nozioni apprese, i voti scolastici, quanti goal fa in una partita, quanto è veloce, la sua resistenza, ecc.
Ma il talento è molto di più.
Che cos’è il talento?
A mio parere il talento è:
creatività e conoscenza unite alle capacità dalla passione
Ma ancora non è sufficiente, perché bisogna avere pazienza, coraggio, umiltà, istinto, per andare oltre, per scendere in profondità e captare i dettagli che fanno intravedere la vera opera d’arte.
Inoltre non dobbiamo farci condizionare dai giudizi e dalle opinioni degli altri.
Solo così potremo essere lucidi e distaccati nel valutare la realtà e non basarci sul “sentito dire”.
All’inizio non capiremo quale sia questo talento, perché per esprimerlo appieno c’è bisogno di tempo ed è un processo difficile.
Ma il talento, quello vero, ha delle particolarità che non si vedono se non si è disposti ad andare oltre, a osservare l’opera con gli occhi e con il cuore.
Le risorse umane sono come le risorse naturali, giacciono in profondità, ecco perché bisogna andarle a cercare e soprattutto bisogna creare le condizioni affinché queste si manifestino
(Ken Robinson)
Andare oltre
Andare oltre, senza pregiudizi e condizionamenti, significa intravedere nelle persone disponibilità, umiltà (quella giusta che ti permette di crescere e migliorarti costantemente, diversa dall’insicurezza che viene sfruttata da chi è più furbo di te), sacrificio, positività, e una cosa che pochi prendono in considerazione: la capacità di non lamentarsi mai anche nelle avversità o quando, in moltissimi casi, non viene riconosciuto subito il ruolo potenziale.
Significa poi anche non metterlo in un angolo con un’etichetta solo perché ha sbagliato e non si è dimostrato ancora pronto.
Sì, perché bisogna dare la possibilità, soprattutto ai giovani, di lasciarsi andare, di dimostrare attraverso la stima, la fiducia, la pazienza e il sostegno, quelle caratteristiche che faranno la differenza nel medio e nel lungo periodo, e non nel breve.
Ma allora perché noi adulti siamo incapaci di aspettare?
Perché siamo così presuntuosi da pensare di avere la verità sempre a portata di mano?
Come mai siamo avvolti dal cinismo che ci fa distruggere quel meraviglioso capolavoro chiamato “individuo”?
Perché permettiamo di spegnere la luce che brilla negli occhi di un giovane uomo o di una giovane donna?
Ma non siamo stati anche noi giovani e con tante speranze?
Perché ci comportiamo così?
Perché ci vuole coraggio ad ammettere i propri limiti, ci vuole pazienza nel valutare nella sua totalità un individuo, ci vuole umiltà e la totale assenza di quel male che si impadronisce della maggior parte degli adulti: l’EGO.
Se vogliamo essere ricordati come ispiratori, come persone da prendere come esempio, dobbiamo mettere da parte l’egoismo.
Solo allora saremo pronti per diventare dei veri e propri punti di riferimento.
Allora, chi di voi è in grado di aver pazienza nel togliere il superfluo per far emergere l’opera d’arte?
A presto
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