“La relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l’adolescente come un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di fronte alle proprie pulsioni e all’ansia che ne deriva.”
Umberto Galimberti
Insegniamo ai nostri figli a chiedere l’improbabile, l’impossibile!
Vi siete mai domandati cosa pensano le nuove generazioni del futuro? Vi capita mai di confrontarvi con loro sull’avvenire, su ciò che li attende?
Oggi, se un figlio studia, la prima cosa che impara è che non avrà la certezza di un lavoro e che il suo ingresso nel mondo produttivo avrà delle incognite.
Quindi, il futuro, che per la nostra generazione era qualcosa di tangibile, perché le premesse che avevamo davanti erano qualcosa di concreto, per loro non lo è.
Il loro avvenire, non retroagisce come una spinta verso uno scopo, un obiettivo concreto, perché tutto questo non esiste. In compenso sussistono i dubbi e le paure, per cui diventa difficile essere motivati e soprattutto entusiasti.
Non possiamo dire loro: “Dai, vedrai che poi qualcosa farai o troverai !
” Il futuro non è un poi vediamo, non si può pensare di crescere nel dubbio.
Il futuro deve essere qualcosa che fa intravedere delle possibilità, l’inizio di una nuova startup dell’esistenza di una giovane ragazza o di un giovane ragazzo, dei nostri figli.
Se il futuro fosse una promessa vera, se ci fossero le condizione di possibilità, allora sì che noi ci potremmo muovere con la prospettiva di un fine da realizzare e non con i se i con i ma, ma con i forse o con il peggio che appartiene a ciascuno… poi vedremo…
A questo aggiungiamo gli ultimi mesi della pandemia e, anche qui, proviamo a immaginare cosa vuol dire eliminare dalla mattina alla sera buona parte della normalità di un adolescente. Pesa a noi adulti, proviamo a immaginare cosa può provocare in loro.
La stessa cosa vale per la scuola! Potresti fare di più ma non ti impegni, come se non ci fosse quella volontà che spinge ad applicarsi. Non basta dire: “Studiate!”.
Se non capiamo che, anche nella scuola, occorre che i ragazzi e le ragazze si mobilitano verso un qualcosa, non solo perché qualcuno lo impone loro, ma perché sanno che esiste un scopo, perché lo sentono e, soprattutto, perché c’è un insegnante che ispira, che libera l’entusiasmo, il loro talento, altrimenti non funziona!
Bisogna suscitare interesse, allora sì che lo studente si applicherà a scuola, perché attratto, motivato, ispirato, e non perché spinto.
Non funziona più, non funziona più così!
Siamo ancorati a modelli del passato e non solo nella scuola. Abbiamo smesso sì di essere ispiratori o ispiratrici delle nuove generazioni per diventare amici dei nostri figli e non potevamo fare cosa peggiore.
Dovremmo invece ispirarli, liberare la loro creatività, che è composta di immaginazione, di idee e di innovazione conditi da quel fervore che rende l’impossibile possibile. In questo modo potremmo mettere loro in condizione di credere in se stessi, pensare in grande e sognare. Allora si che diventeremo per loro un punto autorevole di riferimento.
Educhiamo loro ad avere fiducia in stessi, a non avere paura dei fallimenti o degli errori, ma facciamogli capire che sono parte del quel meraviglioso viaggio chiamato “Esistenza”.
Alleniamoli alla resilienza!!!
Insegniamo loro a pensare in grande, a sognare a colori e a vivere il qui e ora, perché solo così potranno pensare al futuro.
La vera felicità sta nel viaggio e loro hanno diritto di essere felici, come per altro tutti noi.
Namastè.
Photo by: james lee