Troppo spesso ci dimentichiamo quanto il dono sia fondamentale nelle nostre vite, soprattutto in questo periodo. Siamo evidentemente troppo soggetti a condizionamenti in grado di identificare la scienza economica come una scienza squisitamente monetaria.
In realtà, se andiamo ad analizzare meglio le nostre azioni economiche, scopriamo che la maggior parte dei nostri comportamenti di scambio sono dettati da necessità vitali non relazionate al denaro.
Viviamo di gesti, di relazioni sociali, non solo di denaro.
Tutta la nostra vita affettiva, tutta la nostra vita familiare, le nostre relazioni interpersonali, hanno molto poco a che vedere con i soldi.
Benché il denaro ci sembri spesso l’unica via risolutiva delle grandi problematiche individuali e globali, come la teoria monetaria di matrice keynesiana ci ha fatto credere sin dal post ’29, la verità più profonda è che il denaro è semplicemente un mezzo al quale abbiamo attribuito via via uno scopo estremamente più elevato e più grande di quanto esso merita.
La nostra esistenza è principalmente costituita da gesti, da azioni in cui viviamo e riceviamo all’interno del nostro universo simbolico.
Il dono è pertanto un aspetto vitale dell’azione umana, che non ha fondamentalmente nulla a che vedere con questioni di carattere religioso.
Talune religioni semplicemente amplificano le caratteristiche del dono stesso, ma ben capiamo dalle neuroscienze, così come dagli studi antropologici, che il tema del donare, del ricevere e soprattutto del contro-donare (il dono presuppone sempre una obbligazione a rendere) è un tema dispiegato in decine e decine di culture diverse, tanto che le società precapitalistiche concepiscono il dono e ciò che viene donato, inclusa la vita, come sistema di debito verso i propri avi e le generazioni precedenti.
Perché sottovalutiamo il tema del dono in questa nostra contemporaneità troppo vincolata all’utile?
Perché lo strapotere del denaro è tutto intorno a noi.
E proprio nel civilizzato mondo occidentale nel quale vendiamo e compriamo organi, maternità, uteri, bambini, in cui spesso vincoliamo i sentimenti alle cifre del conto corrente (l’avrà sposato solo per i soldi?), tutto, ma proprio tutto, ci sembra possibile grazie al denaro.
Tuttavia, è in crescente aumento il numero di persone che decidono di uscire dagli schemi dell’economia monetaria o di delimitarla fortemente in funzione della liberazione del proprio tempo e dei consumi.
Possiamo certo indicarli come degli asociali o dei devianti, ma in realtà dietro queste scelte ci sono delle precise logiche di cambiamento e di volontà di perseguire obiettivi che vanno oltre l’accumulazione, il consumo, la spesa inutile.
Sono persone che sentono il desidero di dare un senso alla loro esistenza, di creare quella vera innovazione sociale per il bene della comunità
Certo, si tratta di una esigua minoranza di persone spesso ai margini dei nostri sistemi, ma che ci fanno riflettere sull’opportunità di ripensare il sistema nel quale viviamo e di proporre le basi di vita più dignitosa per sé e per gli altri.
Namstè
Photo by: Duy Pham