Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo con le relative conseguenze o assumersi le responsabilità di cambiarle.
Siamo in teoria prigionieri di una società dove il fare il minimo sindacale, accettare lo status quo e la mediocrità, rappresentano gli unici modelli con cui condividere la nostra esistenza senza provare a cambiarla. Siamo ancorati a modelli che altri hanno scelto per noi, imposti da chi fa della mediocrità il suo stile di vita. Un buona parte delle nuove generazioni, non vuole vivere e agire in questo modo: faticando, vuole cambiare i modelli. Stiamo parlando di una generazione che inizia il percorso di preparazione al mondo produttivo sapendo che non avrà nessuna certezza, che, pur laureandosi, dovrà, per la maggior parte dei casi, adattarsi a modelli che non stati minimamente menzionati durante il loro percorso di formazione e quando si affacciano al mondo del lavoro rimangono disorientati, impreparati.
Chi libera il talento delle nuove generazioni?
Non possiamo continuare a criticarli: siamo noi adulti che li abbiamo preparati e resi eventualmente “fragili”. Non possiamo pensare che la colpa sia sempre degli altri: siamo noi con i nostri vecchi e obsoleti modelli ad aver creato tutto questo. Abbiamo confuso l’autorevolezza di essere padre con l’essere “amici”, abbiamo facilitato la loro crescita dandogli tutto e rendendo la loro meravigliosa (in teoria) esistenza priva di entusiasmo quindi di emozioni e passioni. Per poi ritrovarci, da adulti, a etichettarli come “sdraiati” e privi di “energia”. Ma chi ha liberato loro il talento? Chi ha spiegato loro cos’è l’entusiasmo? Chi ha spiegato loro come connettere la loro conoscenza con il mondo reale?
I fisici dicono questo: una particella sta alla materia come un pensiero sta al cervello. Chi libera il loro pensiero? Chi si
assume la responsabilità di dire e dimostrare concretamente che il loro talento potrà essere liberato? Se non teniamo a mente che la storia andrà avanti solo se le culture e le generazioni parleranno tra di loro, solo e se gli adulti saranno veramente degli ispiratori per i giovani. Non egocentrici individui votati alla presunzione. Abbiamo bisogno di eretici, di folli. Di persone, ragazzi e ragazze che non hanno paura di affrontare il nuovo, che vanno alla scoperta di qualcosa di straordinario, che si allenino per essere gli ispiratori e le ispiratrici del nuovo millennio. Allora cosa fare?
Forse questi ragazzi in apparenza danno meno problemi rispetto alle generazioni precedenti, ma pare che abbiano perso parte della loro energia, della voglia di sperimentare e di cambiare il mondo. Sono tristi e non trovano altra via di uscita che adattarsi in modo passivo alla realtà che li stiamo consegnando. Allora aiutiamoli a creare la loro indipendenza, aiutiamoli praticamente ad attivare abilità sociali. Bisogna sudare, dialogare con loro, creare interesse nei loro confronti, ispirarli.
ATE (Accelerated Talent Experience)
Un esempio di modalità di aggregazione e dialogo creativo è l’ATE (accelerated talent experience). Questo processo, progettato da Hubrains, è una ottima modalità di condivisione della conoscenza e di esperienza. Con “Accelerated Talent Experience” (ATE) si intende proporre una nuova tecnica di lavoro collaborativo, di innovazione e di creative thinking. Un punto d’incontro dove i partecipanti possano condividere esperienze e punti di vista diversi, contribuendo in maniera attiva all’identificazione dei drivers del futuro, di nuovi modelli di crescita dei talenti e la loro creatività. Ma non solo. Perché non creare all’interno delle aziende dei Talent Hub, per ospitare i ragazzi e le ragazze e renderli non solo partecipi ma soprattutto prepararli all’ingresso nel mondo produttivo.